L’utopistica rivoluzione del Nuovo Mattino

Una rivolta. Una voglia di cambiamento e di rinnovamento. Una scossa per dare nuova linfa a un mondo fermo e ancorato al passato. Una splendida utopia che, come una meteora, ha illuminato l’alpinismo prima di scomparire. Il Nuovo Mattino, quello passato alla storia come “il ’68 dell’alpinismo”, in realtà prese piede nel 1972 per esaurirsi nel 1975: tra anni intensi in cui quei ragazzi che affrontavano le pareti “in jeans e maglietta con i capelli al vento e una fascia per tenerli assieme”, provarono a distruggere i miti apparentemente infrangibili di un alpinismo retrivo e ottusamente conservatore. Un alpinismo legato a un eroismo e a un tecnicismo che cozzavano con la ventata di aria fresca portata dal Nuovo Mattino che ebbe in Gian Piero Motti il suo cantore e in Enrico Camanni il suo più autorevole storico oltre che testimone. Proprio Camanni torna ad occuparsi dell’argomento con un libro edito da Laterza, Verso un nuovo mattino. La montagna e il tramonto dell’utopia, un volume in cui la storia di questo “movimento” rinnovatore dell’alpinismo viene ripercorsa con attenzione e in modo dettagliato, attingendo non solo ai ricordi dell’autore, ma soprattutto alle fonti originali, cioè articoli e testimonianze dei protagonisti. Ma quando ebbe inizio il Nuovo Mattino? Difficile stabilire una data precisa, ma l’autore la indica nel 1972 con un provocatorio articolo firmato dal giovane brillante scalatore Motti per la Rivista mensile del Club Alpino Italiano. Un articolo che parla dei “falliti della montagna”, uno scritto in cui “svela i tormenti e le speranze della sua generazione”. È l’inizio di una vera e propria rivoluzione culturale per chi fino a quel momento viveva l’ascesa come un momento epico: nella visione del Nuovo Mattino la vetta non è più il fine ultimo, perché nel Nuovo Mattino non c’è alcun fine. L’unico fine è il viaggio del quale deve far parte la “serena accettazione dei propri limiti”. Grazie a un stile assolutamente coinvolgente, Camanni riesce a far rivivere le idee di quel gruppo di ragazzi che volevano realmente cambiare il mondo dell’alpinismo, svecchiarlo e donargli una nuova vita. Ovviamente bisogna collocare storicamente gli scritti, le scelte dei nomi (Itaca nel sole, Lungo cammino dei Comanches etc.. ) che vengono dati alle nuove vie aperte e l’atteggiamento generale dei protagonisti del Nuovo Mattino: è infatti un’Italia in fermento quella degli anni ’70, attraversata da tensioni sociali, ma anche da grandi forse rinnovatrici che investono tutti i settori della vita, non ultimo l’alpinismo. Un alpinismo che però è destinato a cambiare rapidamente, in cui l’avventura e la gioia di “sbagliare strada” vengono presto rimpiazzati da una concezione diversa, legata allo sport e al mercato. Un mondo dove le utopie del Nuovo Mattino (forse) non trovano più posto e restano solo il ricordo di un periodo in cui dei giovani contestatori hanno provato a ridare nuova linfa all’alpinismo. Un sogno, una speranza, una lotta, per affermare che “la cima è superflua, conta solo il viaggio”.